Dopo molto tempo torno a far sentire la mia voce da questa rubrica, vista la situazione generale che impone, a chi ha una responsabilità di governo (e il parroco non fa eccezione, in quanto tale, nei confronti dei parrocchiani), di dare un indirizzo, un orientamento per il bene comune. 
Lo faccio a partire dalla parola di Dio che viene proclamata nella liturgia della Santa Messa in questa domenica 25 ottobre, trentesima del tempo ordinario: si tratta del brano del vangelo secondo Matteo (capitolo 22, versetti da 34 a 40) nel quale Gesù, rispondendo a una domanda postagli da un dottore della Legge appartenente al gruppo dei farisei, proclama il grande comandamento dell'amore di Dio e il simile dell'amore del prossimo. 
Amare Dio, amare il prossimo: che significato può avere nel contesto presente?
Mi sembra interessante osservare come Gesù ci domandi di volgere il sentimento più nobile del cuore dell'uomo, quindi del nostro cuore, di noi in quanto persone, che è l'amore, di volgerlo al di fuori di noi stessi: indirizzarlo a Dio, al Padre, e al prossimo, ai nostri simili. 
Qui, a mio giudizio, sta il fondamento teologico dell'atteggiamento del cattolico nei confronti dell'ora presente: non si lascia prendere dal panico e dall'isteria; conserva lucidità e rigore di pensiero e di azione; si dimostra attento e scrupoloso nell'assumere le misure di prevenzione che vengono raccomandate; non si dimentica (ricordiamoci della prima lettura, tratta dal Libro dell'Esodo al capitolo 22, i versetti da 20 a 26) di chi è fragile, esposto, debole, solo. 
La pandemia ha messo a nudo tutti i limiti di un'impostazione culturale e antropologica che data ormai alcuni decenni e che ha esaltato l'individuo, le sue voglie, il libertarismo sfrenato; ha propagandato tutti i diritti possibili e immaginabili; si è espressa in locuzioni quali 'voglio vivere', 'se non ora, quando', 'la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri', 'mors tua, vita mea' e potremmo continuare a lungo. 
Oggi è sotto gli occhi di tutti che il libertarismo e l'idolo dell'individuo non portano a niente, se non a una drammatica e autolesionistica rincorsa al 'si salvi chi può'; come è altrettanto evidente la sfrontatezza di quanti, dall'alto delle cattedre di quotidiani, università, licei, web, trasmissioni televisive, scranni parlamentari ecc., dopo avere predicato il verbo del libertarismo e averne inoculato il veleno esiziale negli animi dei semplici, adesso si affannano grottescamente a parlare di solidarietà, cura, attenzione al prossimo, sperando che i buoi possano rientrare da dove erano scappati. 
In questo marasma la parola di Gesù, sopra richiamata, è riferimento forte e sicuro. 
In questa confusione generalizzata noi cattolici possiamo e dobbiamo portare il nostro contributo, fondendo insieme il dato della Rivelazione divina e alla sua luce la comprensione dell'uomo e della vita umana, quindi agendo nel vissuto di ogni giorno. 
La fulgida testimonianza dei Tessalonicesi, ai quali si rivolgeva l'apostolo Paolo, (Prima Lettera ai Tessalonicesi, capitolo 1, versetti 5c-10), ci è di conforto e di sprono. 
 

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