Pensiero del Parroco

Domenica scorsa abbiamo celebrato la festa della Presentazione del Signore che ha un proprio ciclo di letture, quindi non abbiamo ascoltato quelle della quarta domenica del tempo ordinario. Nel Vangelo avremmo dovuto proclamare l’inizio del ‘Discorso della Montagna’, ovvero le beatitudini, subito dopo le quali nel testo di San Matteo viene il brano di questa domenica, quinta ordinaria. Si tratta di una precisazione necessaria in premessa per capire la lettura odierna ed evitare di leggerla come se fosse un blocco a sé stante.
 
Si è ‘sale della terra’, si è ‘luce del mondo’, se siamo uomini e donne delle beatitudini (Mt 5,3-12), se assumiamo le beatitudini come programma e regola di vita.
 
Sale: il sale nell’immaginario umano rimanda, a partire dalle sue naturali proprietà, a diversi significati simbolici di cui il vangelo mette in evidenza quello dell’aver sapienza. “Aver poco sale nella zucca” è un’espressione popolare pittoresca che si riferisce a una persona che è, per lo meno, imprudente, senza riferimenti, e, di conseguenza, agisce in modo sconsiderato. ‘Voi siete il sale della terra’, siete chiamati a una sapienza di vita che sia di richiamo per i vostri simili; avete il compito e la responsabilità, in un mondo frivolo e smarrito, che non sa più leggere le lettere dell’alfabeto umano e chiama bene il male, il compito e la responsabilità di conservare e custodire i fondamentali della vita. Se il mondo ha poco sale nella zucca, per voi non è così e, anzi, il vostro essere uomini e donne delle beatitudini non è per voi soli, è per tutti; voi finite per essere il sale nella zucca del mondo.
 
Luce: immagine ancor più potente del sale, con la quale il Signore si identifica affermando, nel Vangelo di San Giovanni, “io sono la luce del mondo (Gv 8,12)”. Immagine che dice che in forza del battesimo partecipiamo della stessa vita divina sì da essere anche noi ‘luce del mondo’. Immagine che ci richiama a mettere in campo tutto ciò che dipende da noi, a dare fondo a tutte le nostre energie, ferma restando la grazia di Dio che viene prima di ogni altra cosa. La lampada non viene posta sotto un recipiente, il moggio, che ai tempi del Signore aveva la forma di un mobiletto con tre o quattro piedi, per cui la luce non si spegneva, ma il suo effetto, di illuminare la stanza, veniva inevitabilmente vanificato. La tiepidezza, ecco il male che dobbiamo combattere più di ogni altro e che l’Apocalisse (3,14-22) aborrisce otre ogni misura. La tiepidezza che ci rinchiude nel ‘si è sempre fatto così’, nel ‘a me in fin dei conti va bene così’, ‘ma che bisogno c’è di tutto questo’; la tiepidezza che svuota da dentro il nostro spirito, appanna lo sguardo del cuore, ci rende insipidi perché ci fa sposare la sapienza del mondo (che già di suo è scipita), ci riduce a quelle lampade la cui utilità non si sa bene quale sia perché una luce languida e stanca – che non serve a niente – promana da esse. La tiepidezza che si combatte coltivando il santo timore di Dio, permanendo nel quale si è uomini e donne delle beatitudini.        
Parrocchia Sacro Cuore di Gesù
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