Dopo la solennità dell’Annunciazione del Signore riprendiamo il cammino quaresimale con il giovedì della quarta settimana e ci mettiamo in ascolto della parte conclusiva del quinto capitolo del vangelo secondo San Giovanni (5, 31-47).

 

Rivolgendosi ai Giudei, i quali gli hanno contestato sul principio d’operare guarigioni in giorno di sabato, Gesù affronta il tema di coloro che possono rendergli testimonianza e avvalorare le parole che dice e i segni che va compiendo. Il testimone per eccellenza è il Padre che ha mandato Gesù: Gesù ha in sé l’amore del Padre e ricerca la gloria del Padre, diversamente dai suoi interlocutori tutti impegnati in aspirazioni terrene, di scambi di favori e riconoscimenti reciproci. La testimonianza del Padre a favore di Gesù, poi, è mediata dal Battista, dalle opere che Gesù compi, dalle Sacre Scritture e da Mosè.

 

Siderale è la distanza tra Gesù e i suoi interlocutori: il mondo di Gesù è celeste, in esso Dio è il cardine e il centro di tutto; il mondo dei suoi interlocutori è terreno, fatto di smania di consenso, di ambizioni perseguite, di onori esibiti, ottenuti e ricambiati. Essi non hanno in sé l’amore di Dio perché non hanno mai ascoltato la voce del Padre né visto il suo volto; si illudono di conoscere le Scritture, dichiarano d’essere discepoli di Mosè, ma non immaginano neppure lontanamente che, se conoscessero davvero Mosè, la gloria mondana da loro tanto amata diventerebbe oggetto di disprezzo e subito confesserebbero il proprio peccato invocando misericordia. «Essi non credono a Gesù, perché la testimonianza del Padre si accende solo nel cuore di coloro in cui abita l’amore di Dio. Per essere credenti, occorre appartenere alla sfera del Dio di Gesù, alla sfera del Padre, che ha inviato il suo Figlio per amore dell’uomo. Dio svela il suo mistero solo a coloro che vivono nell’amore» (Zevini, Vangelo secondo San Giovanni, Città Nuova, volume 1, pag. 215).

 

Il mio mondo com’è? Celeste o terreno? Al centro v’è l’amore per il Padre o l’amore per me?