In questo venerdì di Pasqua leggiamo il racconto giovanneo dell’apparizione di Gesù risorto ai discepoli sulle rive del Lago di Tiberiade (Gv 21,1-14). Chi è stato pellegrino in Terra Santa si ricorda con commozione il luogo del primato di Pietro a Tabga dove il fatto narrato dal quarto evangelista è avvenuto.

 

Colpisce, alla lettura del brano, il fatto che sia in Giovanni sia in Pietro agisca lo stesso sentimento di affetto nei confronti del Signore: entrambi reagiscono a loro modo alla pesca miracolosa, secondo il proprio temperamento e la loro indole, ma tutti e due sono mossi dall’amore per Gesù. Giovanni riconosce per primo trattarsi dell’amato maestro, Pietro altrettanto per primo va a riscontrarlo lasciando che gli altri finiscano il lavoro sulla barca.

 

Non dovremmo essere invidiosi di come i fratelli e le sorelle vivono il loro rapporto personale con il Signore e lasciarci prendere da dannose, false aspettative: “Ah! Se fossi come lui, come lei!”.  

 

Ognuno, invece, è chiamato ad aprire il cuore a Cristo nell’amore osservando la sua parola: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti (Gv 14,15)» e «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore (Gv 15,10a)».

 

Diversi i caratteri, molteplici i temperamenti, svariate le indoli: chi eccellerà nel discernimento, chi nel linguaggio, chi nell’azione e via discorrendo, ma tutti animati dall’unico desiderio di piacere a Cristo e di fare di ciò la base della propria vita.