Il vangelo secondo San Giovanni ci accompagna nelle ferie del tempo di Pasqua e la sua proclamazione inizia con l’episodio del colloquio notturno tra Nicodemo e Gesù che il quarto evangelista narra nella prima parte del capitolo terzo del suo scritto.

 

Nicodemo non è un personaggio qualsiasi nella Gerusalemme del tempo. Da San Giovanni apprendiamo che egli fa parte del sinedrio, cioè della massima istituzione religiosa del giudaismo dell’epoca. L’incontro con Gesù lo cambia in profondità e da che cosa lo capiamo? Facendo il raffronto tra come si rivolge a Gesù quando va a trovarlo per la prima volta da un lato e la difesa che tenta di Gesù dinanzi ai suoi colleghi  (Gv 7, 50-52) dall’altro e, infine, il veloce reperimento degli oli aromatici per la sepoltura di Gesù (Gv 19, 39). In quali termini, dunque, Nicodemo incomincia il colloquio? «Rabbì, noi sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Ora, Gesù non viene da Dio come maestro, Gesù è il Figlio di Dio, viene dal Padre come Figlio; e non soltanto Dio è con lui mentre compie i segni e le opere di Figlio, bensì Gesù opera prodigi per virtù propria e manifesta in essi la sua gloria di Figlio che lo pone sullo stesso piano del Padre. Nicodemo, tuttavia, vede in Gesù soltanto un maestro, brillante indubbiamente e con il favore divino dalla sua parte, ma pur sempre un maestro, al suo pari (Nicodemo – ricordiamolo – appartiene al sinedrio), e da pari vuole discutere con il rabbi originario della Galilea; però è ben disposto, è ancora agli inizi, si trova nella notte del cuore, ma la luce di Cristo lo illuminerà e vincendo le sue incomprensioni lo condurrà a farsi una nuova idea del giovane rabbi. Nicodemo nascerà dall’alto e di nuovo e il regno di Dio si trasformerà da oggetto di dotta discussione teologica a dono di vita nel quale Gesù, il Figlio, lo introdurrà.

 

Andiamo anche noi da Gesù nelle notti del cuore e intratteniamoci a colloquio con lui.