La liturgia ci sta conducendo nel cuore del discorso eucaristico che occupa la gran parte del capitolo sesto del vangelo secondo San Giovanni (il brano di oggi Gv 6,30-35). Ciò avviene in un momento della vita del Paese nel quale la Chiesa italiana rivendica legittimamente, nel rispetto del dettato costituzionale, dunque anche delle esigenze di natura sanitaria, l'esercizio della libertà di culto. C'è una salute che non è da meno di quella fisica e riguarda lo spirito, non contraddice la prima e anzi presuppone il dono della vita fisica, ma la cui cura non può essere impedita.

Proprio in questo frangente noi riscopriamo che l'Eucaristia è la comunione con la persona viva di Cristo risorto, non la celebrazione di un ricordo che è destinato a restare confinato nella nostra mente; che senza l'Eucaristia non possiamo vivere e che è in forza di questa comunione reale e personale con Cristo risorto che noi traiamo e attingiamo quella forza e quella spinta dall'alto che ci portano ad essere attivamente e fattivamente presenti e operanti nella vita della nostra Italia, in quella 'condivisione nella carità' cui ci richiama il Santo Padre. 

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai»: il pane della vita è Cristo, l'Eucaristia è cibo che alimenta e nutre; alimenta e nutre l'anima, rende disponibili al servizio e alla condivisione, conferma nella dedizione e nella carità.  

Preghiamo intensamente e a una sola voce il Signore Gesù perché ci conceda di tornare a celebrare insieme, come popolo, l'Eucaristia per nutrirci del suo Corpo e dissetarci del suo Sangue. Noi cattolici siamo pronti a fare ciascuno la nostra parte affinché ciò si realizzi in tutta sicurezza e con profondo rispetto del nostro Paese che amiamo, della cui vita vogliamo continuare ad essere, come sempre lo siamo stati, protagonisti e per il cui bene ci mobiliteremo sempre stando a fianco dei più deboli e di chi fatica.