Venerdì della terza settimana di Pasqua
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.
La conclusione del discorso eucaristico giovanneo (Gv 6,52-59) costituisce il vertice dell'insegnamento di Gesù sul pane di vita e la prospettiva si fa strettamente sacramentale in riferimento all'atto del mangiare e del bere, che è la pienezza della partecipazione all'Eucaristia.
In questa settimana l'evangelista San Giovanni ci ha messi ancora una volta dinanzi all'originalità dell'Eucaristia per la vita del credente. Mi piace evidenziare questo termine 'originalità' che viene ancor prima di 'centralità', anzi ne è il presupposto, mentre il secondo indica la conseguenza; mi piace perché San Giovanni, soprattutto nelle ultime parole di Gesù, vuole farci percepire che l'Eucaristia è unica rispetto a tutto ciò che la circonda, a tutte le 'offerte di vita' che circolano nel mondo, dalle meditazioni orientaleggianti alla ricerca dell'energia in noi stessi, della liberazione della mente, e altre proposte esistenziali molto in voga che hanno un solo, per così dire, limite: vengono dall'uomo e rimangono nell'uomo, quindi non riescono a smarcarsi dall'ineluttabile destino di morte che attende ognuno di noi. L'Eucaristia è altra ed è unica perché viene dal cielo, da Dio, vive della potenza di Dio e ci dona la vita divina, la vita della grazia; ci salva perché divina, in quanto frutto e pegno dell'amore di Dio Cristo. Non è un pane che sazia durante il cammino e nulla può quand'esso giunge al compimento, come fu la manna del deserto, no; l'Eucaristia, per quanto abbiamo meditato nei giorni passati, sazia durante il cammino della vita e prepara la fioritura che ci attende quando il tempo della seminagione avrà termine e all'inverno della vita terrena subentrerà la primavera della vita eterna.