Gesù ha appena terminato il discorso sul pane di vita e subito fioccano i commenti che non sono dei più favorevoli; lo sconcerto, anzi, prende molti dei discepoli che inorridiscono dinanzi all'invito del maestro a mangiare la sua carne e bere il suo sangue (Gv 6,60-69). Ad essi si rivolge Gesù ricordando, tra le altre cose, la frase che è riportata sopra, su cui vogliamo soffermarci. 

Le parole di Gesù sono spirito e sono vita, manifestano una realtà che non è di questo mondo, ma appartiene a Dio e da lui viene all'uomo; per questo mettono il discepolo in comunicazione con il Padre sì che chi le accoglie con fede è ammaestrato da Dio (cf Gv 6,45), lo ascolta e impara da lui. Il risultato è la divinizzazione dell'uomo, un tema molto caro ai Padri greci, che procede di pari passo con la cristificazione: il battezzato diventa un altro Cristo e al tempo stesso si fa spirituale; la natura fragile e ferita dal peccato si fortifica e va rassomigliando sempre più all'immagine divina del Figlio nel quale l'uomo è creato. 

Nell'incontro con la Samaritana Gesù afferma che «Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Ma come adorare in spirito e verità, come rendere a Dio il vero culto che egli stesso richiede per fare della vita nostra una lode all'Altissimo? Accogliendo le parole di Gesù che sono spirito e sono vita, che realizzano una vera e propria ri-creazione dell'uomo aprendolo alla grazia e strappandolo al potere del peccato.