Sabato della quinta settimana di Pasqua (Gv 15,18-21)
La condizione di amicizia che caratterizza il rapporto tra Cristo e il discepolo comporta una comunanza di sentire, volere e conoscere, ma anche una condivisione di vita.
"Amici per la pelle": quando usiamo questa espressione, intendiamo riferirci a persone legatissime tra loro, pronte a dare la vita l'una per l'altra. Ecco, è questo il caso del brano del vangelo di oggi che nel quarto vangelo segue quello proclamato ieri. Il tema dell'amicizia tra Cristo e i discepoli viene approfondito nella descrizione di quelle che sono le conseguenze di un tale rapporto: se è amicizia vera, autentica, vi sarà anche condivisione e comunanza di destino e le sorti degli amici si legheranno e si intrecceranno in un vincolo indistruttibile: nella gioia come nella prova e nella sofferenza. A queste ultime fa esplicito riferimento Gesù nel vangelo di oggi quando mette i discepoli dinanzi alla realtà dell'odio del mondo nei loro confronti, della quale non si devono stupire perché Gesù stesso è stato fatto oggetto, lo sarà fra poco!, dell'odio del mondo. Come egli viene dal Padre che lo ha mandato per salvare il mondo che pure lo odia, così i discepoli sono stati scelti da Gesù di mezzo al mondo al quale però non appartengono in fatto di sentire, volere e conoscere giacché essi sono amici di Gesù: sentono, vogliono, conoscono come Gesù, non come il mondo; per questo motivo sono odiati e perseguitati né possono presumere un destino diverso visto che il loro grande amico ha vissuto nella sua persona l'abbattersi del furore del male e dei servitori del male.
Le parole di Gesù non ci devono impressionare negativamente, anzi ci rallegrano il cuore e ci fanno riconoscere la sublime dignità dell'amicizia che Cristo ci ha accordato e donato: sentire, volere, conoscere come lui, condividere la sua stessa vita.