Giovedì della sesta settimana di Pasqua (Gv 16,16-20)
Durante l'ultima cena Gesù ha preparato gli apostoli a sostenere gli eventi della passione, ma non è stato affatto facile. Ci ricordiamo delle reazioni dei discepoli agli annunci della passione che i vangeli sinottici ci tramandano, di come esse siano improntate a incredulità, sgomento, fraintendimenti, perplessità. Le cose, ebbene, non cambiano molto anche nel contesto della cena, anzi gli apostoli alternano stati d'animo segnati ora dal turbamento ora dall'incomprensione e attribuiscono a Gesù la responsabilità di un parlare oscuro e criptico che ne rende sibillino il senso. Gesù anticipa la domanda dei suoi su che cosa voglia realmente dire insistendo sul 'un poco' e descrive quello che i discepoli vivranno interiormente nelle ore della passione e quando vedranno il maestro risorto, la tristezza e la gioia, la desolazione e la consolazione.
A Gesù si rimprovera, dunque, un linguaggio duro e poco comprensibile, ma chi non afferra il senso delle sue parole sono i discepoli che faticano a capire; sono loro che hanno il cuore duro, non Gesù a parlare difficilmente e, se Gesù riesce ad essi complicato, è perché gli apostoli mancano di fede.
Si tratta di una dinamica ben presente anche in noi e nella nostra esperienza di vita cristiana, che torna periodicamente a manifestarsi in forme e modalità più o meno marcate e intense. Lo Spirito di Gesù e del Padre, che guida alla verità poiché è Spirito della verità, trasformi il nostro cuore e lo sciolga da tutte quelle durezze e rigidità che ci impediscono di cogliere la luminosità e la trasparenza delle parole di Gesù e ci imprigionano nella critica sterile e incredula.