Pensiero del Parroco

La quarta domenica d’Avvento, posta a ridosso della solennità del Natale, si prefigge lo scopo di orientare i cuori dei fedeli a celebrare nella fede il mistero dell’Incarnazione del Verbo.

Fa ciò anzitutto con la parola del profeta Isaia che preannuncia l’arrivo di un figlio, segno della cura di Dio verso il suo popolo. Per il re Acaz quel figlio, oltre ad essere destinato a succedergli sul trono del Regno di Giuda, doveva rappresentare, in un momento in cui la sua signoria era messa in discussione e vacillava seriamente, il segno che il Signore Dio non si era allontanato dalla casa regnante davidica, ma, al contrario, continuava a mostrarsi fedele alle promesse rivolte un tempo al capostipite, il re Davide appunto. Per noi quel figlio, il futuro re Ezechia, diventa profezia di un altro Figlio, con l’iniziale maiuscola: il Figlio stesso di Dio, del Padre che per amore di noi ci fa dono di quanto gli è più caro e, in questo, dimostra la sua sollecitudine e la sua preoccupazione per il singolo uomo, così come per l’umanità tutta.

Ci sentiamo, perciò, ‘amati da Dio’, secondo quanto Paolo augura e ricorda ai fratelli e alle sorelle della Chiesa di Roma, dove si sta recando per rendere colà la testimonianza suprema del sangue. Ci sentiamo amati, presi per mano, cullati dal Padre. Nel bambino di Betlemme si svela un volto di Dio assolutamente nuovo e impensabile: un Padre che offre, un Figlio che si offre, in un mutuo scambio d’amore che è esso stesso Presenza, Persona: lo Spirito di vita. Un Dio che ama e che vuole amore: ‘santi per chiamata’!

Giuseppe, lo sposo di Maria, protagonista della pagina del Vangelo di questa domenica, ci indica la strada da percorrere per accogliere nella nostra vita questo Dio che ama e che vuole amore: ascolto e obbedienza.

Ascolto e obbedienza a Dio, che chiama Giuseppe a seguirlo per vie nuove e mai considerate prima. Ascolto e obbedienza a Dio che non sono passività, rinuncia alla propria intelligenza, umiliazione della propria volontà e, per ciò stesso, attentato alla e degradazione della nostra umanità! Quando Dio fa sentire la sua voce e ci mostra la direzione da imprimere alla vita, magari diversa da quella che avevamo pensato noi per noi stessi, non è mai per calpestare la nostra dignità sminuendo ciò che ci caratterizza in quanto uomini: la libertà, l’intelligenza, la memoria, la coscienza. Giuseppe non è uno che è costretto a rinunciare a pensare o che viene coartato nella propria libertà. Il suo ascolto e la sua obbedienza sono liberi, voluti, scelti, in una parola umani.

‘Prese con sé la sua sposa’, si legge nel Vangelo.

‘Prese’, non ‘dovette’; ‘prese’, cioè lo volle e lo scelse lui.

Mettendo, certo, da parte una sua idea, ma per accogliere il disegno di Dio: accolse con un atto positivo della sua volontà di uomo, persuasa, non raggirata, dalle parole dell’angelo: accolse, non subì.

Ascolto e obbedienza.

Buona attesa del Natale del Signore a tutti voi.

Don Massimo, parroco.     

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù
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