Pensiero del Parroco

Nella terza domenica del tempo ordinario risuona la pagina nella quale San Matteo descrive l'inizio della vita pubblica di Gesù.

E l'inizio è anzitutto descrizione di un luogo: la Galilea.

Regione del nord d'Israele, assegnata alle tribù di Zabulon e di Neftali, era stata annessa dagli Assiri sul finire dell'VIII sec. a.C. quando questi conquistarono il Regno del Nord con capitale Samaria. Le popolazioni locali furono deportate in massa e al loro posto vennero insediati popoli provenienti dal cuore dell'Impero Assiro. Il risultato? Un rimescolamento di lingue, etnie, culture, usi e tradizioni, una società meticcia e cosmopolita: la Galilea, appunto, che significa 'distretto delle genti' (cioè dei pagani, di coloro che non appartengono al popolo ebraico). 

Rispetto alla Giudea, regione a sud con capitale Gerusalemme, dove l'elemento giudaico rimase sempre presente (anche in conseguenza del ritorno degli esiliati da Babilonia e della successiva opera di restaurazione delle antiche istituzioni mosaiche), la Galilea, anche ai tempi di Gesù, si caratterizzava per una pluralità di usi e costumi pur nella prevalente impronta giudaica. Percorsa dalla Via del Mare, che collegava l'Egitto alla Mesopotamia e dalle rive del Mar Mediterraneo si inoltrava nell'interno costeggiango le sponde del Lago di Gennesaret, la Galilea era luogo di passaggio di intensi traffici commerciali con relativi spostamenti di persone delle più diverse estrazioni. 

Qui Gesù inizia il suo ministero pubblico.

Qui, in Galilea, Gesù si mostra vivo dopo la risurrezione agli apostoli che incarica di portare l'annuncio del Vangelo in tutto il mondo (Mt 28,16-20).

Che ha da dirci tutto questo?

Ci dice che la Chiesa, cioè noi, è chiamata a stare in mezzo alla gente, a non separarsi e a chiudersi in un fortino.

Ci dice che non è la sindrome dell'assedio quella che deve tenere il posto nel cuore del credenti.

Ci dice che, se non stiamo nel mezzo, la luce, che è Cristo, non potrà illuminare chi abita 'in regione e ombra di morte'.

Le case, gli uffici, le fabbriche, i mezzi pubblici, gli stadi, le palestre, internet, i social, le vie e le piazze, le scuole, le piscine: ogni luogo e ogni spazio, là dove abita e vive la gente, quale che essa sia, lì la Chiesa non può mancare di stare.

Questa è la Chiesa 'in uscita' a cui ci richiama Papa Francesco: la Chiesa che fa risuonare l'annuncio del Vangelo, che non teme di annunciare il Vangelo in tutta la sua interezza a tutti.

Gesù non ha temuto di esprimersi: 'Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino'.

La Chiesa non ha da ammodernizzarsi, come se l'adeguamento tout court alla moda e al sentire del momento fosse la chiave vincente per guadagnare consenso e riempire le chiese.

Un mal inteso 'ammodernamento' non riempirà mai le chiese perché ciò che corrode molti cuori oggi e viene spacciato per progresso e conquista non è questo che, accolto, renderà bella e attraente la Chiesa.

Bella e attraente la Chiesa sarà se vivrà la fedeltà alla parola di Gesù e la annuncerà, non avendo paura di stare nel mezzo, di abitare il mondo globale contemporaneo con tutte le sue innumerevoli piazze.

Buona domenica a tutti.

Don Massimo, parroco.

 

 

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù
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