La liturgia feriale della tredicesima settimana 'per annum' presenta l'episodio della moglie di Lot (nipote di Abramo) che diventa una statua di sale dopo essersi messa a guardare il castigo del Signore Dio su Sodoma e Gomorra (Genesi 19,26).
Commenta un celeberrimo esegeta del Novecento, G. Von Rad: 'dove Dio interviene sulla terra con un'azione diretta, non è lecito all'uomo prendere un atteggiamento da spettatore'.
Anche Gesù nel Vangelo ha invitato a non essere spettatori di ciò che accade nel mondo: facendo riferimento al crollo di una torre in Gerusalemme, nel quale morirono diverse persone, pur escludendo che queste fossero colpevoli di chi sa quali peccati, il Signore invita i discepoli alla conversione (Luca 13,4-5).
Quanto ci piace essere spettatori delle disgrazie e delle vicende calamitose di turno: guardare, commentare, giudicare, sentenziare, magari scattare un selfie o una foto ricordo sulle macerie di una casa distrutta da un terremoto da buon 'turista dell'orrido', postare, linkare e rilanciare, ecc.: spettatori, appunto.
Come se i mali e le rovine altrui non ci riguardassero in prima persona, come se la questione non ci sfiorasse nemmeno da lontano.
Spettatori del grande film dell'umanità, affaticata e travagliata: quella della porta accanto, non noi.
Abdicando alla nostra umanità.