Continua la lettura, nella Messa festiva, del capitolo tredicesimo del Vangelo secondo Matteo, il discorso 'in parabole'.
In questa domenica 23 luglio, sedicesima del tempo 'per annum', ascoltiamo le parabole del grano e della zizzania, del granello di senape e del lievito.
Il tema comune a tutte e tre è il regno dei cieli, cioè la presenza attiva e operante del Signore nella vita e nella storia dell'uomo.
Di come il Signore si rende presente e agisce ci è chiesto di non scandalizzarci.
Il regno dei cieli non marcia trionfale verso il suo compimento, ma si fa strada pazientemente convivendo con e sopportando il male (la parolabola del grano e della zizzania).
Esso sembra quasi, anzi, passare inosservato (la parabola del granello di senape).
Nel profondo, però, agisce, con efficacia (la parabola del lievito) e con esiti che meravigliano e stupiscono (ancora la parabola del granello di senape).
Dio avrebbe potuto salvarci in tanti modi, anche con un minimo cenno della sua volontà. Perché diventare uomo, perché soffrire, perché morire in croce? Ma questa sarebbe stata una salvezza esterna a noi, che ci avrebbe lasciati come prima, il cuore nostro sempre il solito. Un po' come accade nell'esperienza di ogni giorno: preferiamo essere coinvolti in prima persona piuttosto che prendere atto. Perché nel primo caso sentiamo di essere veramente noi, mentre nel secondo va bene, per carità, però qualcosa ci manca.
Così è per la salvezza.
Allora si spiega l'Incarnazione del Verbo.
Allora si comprende il modo di essere e agire del regno dei cieli: perché le cose umane e mondane procedono secondo quelle dinamiche e quelle direttrici cui accennano le parabole evangeliche.
E per la Santissima Trinità non c'è scelta: o accettarle e percorrerle, queste dinamiche e queste direttrici, e dal di dentro trasformarle, o saltarle a piè pari.
Con la conseguenza, nel caso della seconda opzione, di far risplendere certamente l'infinita gloria e maestà divine, a prezzo, però, di lasciare sul terreno l'uomo tramortito e annichilito.
Quale misericordia! Quale umiltà!
Contemplandole nelle parabole del regno, impariamo da esse e apriamo loro il cuore.
