"Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
10Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!".
Tre ragioni spingono Gesù a scegliere l’asina per il suo ingresso regale: l’asina è docile, sopporta, si lascia caricare.
La docilità: ‘l’asino è un animale realmente ottuso, lento e pigro; tuttavia, insieme possiede la grande qualità di essere docile. Non è superbo né vanitoso, non è come il cavallo, che è orgoglioso’ (n. 24) – il cavallo nella Sacra Scrittura indica l’uomo superbo e vanitoso. Il Signore che ama l’umiltà e predilige il cuore umile ha scelto per il giorno del suo trionfo l’animale più docile e basso che esista. Colui che ‘non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso’, colui che si è abbassato volontariamente nella morte di croce, nel giorno della sua gloria si è umiliato scegliendo un asino. ‘Con la sua dolcezza e la sua umiltà ha conquistato i nostri cuori, mentre, se fosse giunto con un apparato imponente, li avrebbe spaventati’ (n. 26).
La sopportazione: ‘questo animale, dato che è docile, è anche molto remissivo. Non si lamenta, non morde e non scalcia, ma sopporta tutto con grande pazienza’ (n. 27). Umiltà e pazienza sono strettamente congiunte, l’una non esiste senza l’altra: ‘colui che vuole essere umile deve essere paziente per sopportare i disprezzi, le riprovazioni e i rimproveri che gli umili patiscono; similmente, per essere paziente, deve essere umile perché non si potrebbero sopportare a lungo le fatiche e le avversità di questa vita senza avere l’umiltà’ (n. 27). Gesù esempio di sopportazione.
L’obbedienza: ‘si lascia caricare come e quanto si vuole, senza riluttanza e senza scuotere minimamente il carico che gli stato imposto; anzi, porta la soma caricata su di sé con una sottomissione e una docilità ammirevoli’ (n. 28). ‘Facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce’ (Filippesi 2, 8).
Prima conclusione: ‘Per rendersi degni di portare Nostro Signore, occorre rivestirsi di queste tre qualità: di umiltà, di pazienza, di sottomissione; allora il Salvatore salirà sul nostro cuore e, come un divino scudiero, ci condurrà sotto la sua obbedienza’ (n. 28).
L’atteggiamento dei due apostoli che vanno a prendere l’asinello: non fanno domande, non avanzano obiezioni, si fidano di quello che Gesù dice loro: ‘mi sono molto simpatici perché si dimostrano estremamente semplici e perfettamente obbedienti’ (n. 30). Non così, invece, sono coloro che sono riluttanti a obbedire: ‘ci sono anime così complicate che trovano tante scuse, tante interpretazioni e mille obiezioni a tutte le obbedienze che vengono loro date; non conoscono la sottomissione, per cui vivono in perenne inquietudine (n. 30) e ancora: ‘è una dimostrazione che non si ama il comando il fatto di trovare molto da discutere su di esso’ (n. 30).
La finale: ‘Quell’asinello e quell’asina furono ricoperti dei mantelli degli apostoli; poi Nostro Signore vi salì sopra e in quell’abiezione e umiltà fece il suo ingresso trionfale in Gerusalemme, confondendo così il mondo, che capovolge tutti i principi del Vangelo e non vuole assaggiare l’umiltà e il disprezzo, e non smette di dire che i poveri e coloro che soffrono sono dei disgraziati. Quant’è fortunato quel tale, si dice. E perché? Perché ha il granaio zeppo di grano, la cantina piena di vino. Quant’è fortunata quella ragazza perché è ricca, ben vestita e coperta di gioielli! Che grandi sciocchezze! E, nondimeno, è questa sorta di persone che il mondo giudica fortunate (n. 34). Oggi, Nostro Signore capovolge tutto ciò con il suo ingresso in Gerusalemme, che non ha nulla in comune con i principi del mondo che quando vogliono fare il loro ingresso in città lo fanno con molto sfarzo, grande apparato e forti spese; egli al contrario non vuole altra cavalcatura che un’asina coperta dei dozzinali e poveri mantelli dei suoi apostoli. (…) Beate le anime che quaggiù si esercitano nell’umiltà perché saranno esaltate lassù nel Cielo. Per la loro pazienza, godranno di una pace e di una serenità perpetue; per la loro obbedienza, riceveranno una corona di gloria; insomma, otterranno un cumulo di benedizioni in questa vita e benediranno la Santissima Trinità eternamente nell’altra. Dio ce ne conceda la grazia. Amen. (n. 35).