Pensiero del Parroco

Tema comune a tutte le letture bibliche della liturgia della terza domenica di Pasqua è l’annuncio del perdono dei peccati.

Il perdono dei peccati è uno dei beni che il Signore Gesù ci ha meritato con la Pasqua e di cui ci ha incaricato di essere testimoni: “Nel suo nome [del Cristo] saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati. Di questo voi siete testimoni” (Luca 24,47-48).

Fin dagli inizi la Chiesa ha annunciato il perdono dei peccati insieme all’appello alla conversione e alla penitenza: “Convertitevi dunque e cambiate vita perché siano cancellati i vostri peccati” (prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli 3,19: secondo discorso di Pietro al popolo a Gerusalemme, dopo la guarigione dello storpio alla Porta Bella del tempio).

Scorrendo le pagine del Nuovo Testamento, capiamo che riflessione i nostri padri nella fede hanno svolto intorno al valore e al significato della vicenda pasquale di Gesù. Illuminati dallo Spirito Santo effuso da Gesù risorto, alla luce della risurrezione essi hanno riletto gli eventi dolorosi della passione e della morte del Signore per concludere che lì, in quei fatti, si è realizzata la riconciliazione fra Dio e tutta l’umanità: “Egli [Gesù Cristo, il giusto] è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (seconda lettura tratta dalla Prima Lettera di San Giovanni apostolo 2,2).

“La vittima di espiazione” dice San Giovanni utilizzando la parola greca ilasmòs che indica tecnicamente la vittima che viene immolata, cioè uccisa, nel corso di un sacrificio per essere offerta al dio in sconto delle colpe di chi la offre. San Giovanni afferma che Gesù Cristo è precisamente la vittima nel cui sangue i peccati non solo di chi crede, ma di tutta l’umanità sono rimessi, perdonati, e con ciò ogni altra vittima viene esclusa, non ha più bisogno di essere offerta.

Ilasmòs richiama ilastèrion che significa ‘propiziatorio’, termine che San Paolo impiega in Romani 3,25: “Dio lo [Cristo] ha stabilito apertamente come strumento di espiazione (ilastèrion), per mezzo della fede, nel suo sangue”. ‘Propiziatorio’ indicava il coperchio dell’arca dell’alleanza che nel giorno dell’espiazione annuale per i peccati di tutto il popolo il sommo sacerdote aspergeva con il sangue di un capro (la liturgia è descritta stupendamente nel capitolo 16 del libro del Levitico). Cito da un commento alla Lettera ai Romani: “L’idea generale che esprimeva è la seguente: nel punto d’incontro fra l’uomo e Dio, attraverso l’offerta del sangue, vengono espiate e distrutte le colpe del popolo. Paolo applica arditamente questa concezione a Cristo crocifisso: lì, in Cristo crocifisso, avviene l’incontro tra Dio e il popolo della nuova Alleanza. I peccati degli uomini, i quali aderiscono a Cristo per mezzo della fede, sono distrutti; ciò avviene nel sangue di Cristo”.  

E San Giovanni, che usa il tempo presente (egli è vittima di espiazione), vuol dire che l’efficacia della Pasqua di Cristo, oltre che essere universale, è permanente, non viene meno, davvero la remissione e il perdono dei peccati si compiono oggi e in ogni tempo della vita del singolo credente, della vita della Chiesa, della vita del mondo. La remissione e il perdono dei peccati sono un dono del Cristo Pasquale e un dono continuo, accessibile a chi si converte e si pente e si butta fra le braccia di Cristo che è, come afferma ancora San Giovanni, nostro Paràclito. Paraclito è lo Spirito Santo che agisce nel cuore del credente per conformarlo progressivamente a Cristo, ma paraclito è anche Gesù che intercede per noi presso il Padre secondo quanto afferma la Lettera agli Ebrei: “Cristo, invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore” (Eb 8,24-25). Sempre vivo perché risorto e vittorioso sulla morte, perché il Padre “ha glorificato il suo servo Gesù” (At 3,13) e lo ha liberato dal sepolcro e dalla corruzione della morte. Per questo nel suo nome il perdono dei peccati può essere annunciato e non come una chimera, non come un’utopia, non come un’illusione ottica, ma come realtà, come fatto: che si è realizzato una volta per sempre sulla croce, che si realizza ora nella potenza dello Spirito che, effuso da Cristo risorto, opera dovunque e senza limiti di sorta.

Certo, se poi siamo di quelli che fanno spallucce e dicono: ‘io, i peccati? Io, peccare? Ma quando mai! Ma che farò mai!’, beh, allora è un’altra questione, è la questione messa a fuoco da San Giovanni nelle righe che precedono il brano letto questa domenica: “Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi” (1 Gv 1,10).

Ma potremmo essere di quelli che non credono che la remissione dei peccati possa avvenire perché turbati, perché schiacciati dal peso dei peccati: un po’ come gli apostoli che nel cenacolo, quando apparve loro Gesù risorto, non credevano, avevano dubbi, erano sconvolti e pieni di paura. Come Gesù li ha rassicurati, come Gesù li ha condotti dall’iniziale terrore alla gioia e alla consolazione, così non dobbiamo temere che ciò con noi non possa accadere. Apriamo il cuore al Signore ed egli ci metterà davanti agli occhi quei segni di cui necessitiamo perché la paura e lo sconvolgimento cedano il passo alla letizia e alla meraviglia.

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù
Via Alcide de Gasperi n. 9
Campi Bisenzio, (FI) - 50013
0558963367
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
2274481
Oggi
Ieri
Ultimo mese
964
426
27617

Utilizziamo i cookie per assicurarti la migliore esperienza nel nostro sito. Questo sito utilizza i cookie, anche di terze parti, per inviarti messaggi promozionali personalizzati. Per saperne di più, conoscere i cookie utilizzati dal sito ed eventualmente disabilitarli. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti all’utilizzo dei cookie.