I testi sacri proclamati nella liturgia della Parola dell’anno B della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo mettono in evidenza l’aspetto sacrificale dell’Eucaristia.

 

La fede della Chiesa confessa e crede che l’Eucaristia è sacrificio: sacrificio di Cristo che si offre al Padre, sacrificio della Chiesa coinvolta da Cristo nell’atto della sua offerta.

 

È un banchetto sacrificale quello che viene approntato sull’altare: il pane e il vino eucaristici sono il Corpo e il Sangue di Cristo donati per la salvezza del mondo e dell’umanità.

 

Il Catechismo degli adulti della CEI, ‘La verità vi farà liberi’, al n. 688 ha un passaggio molto interessante che si riconnette, peraltro, alla prima lettura. “Quando era stata conclusa l’alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull’altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell’uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza”.

 

L’Eucaristia è sacrificio.

Sacrificio di Gesù che ci rende consaguinei di Dio.

Sacrificio di Gesù che diventa mediatore fra l’uomo e Dio, tramite, passaggio, ponte.

Sacrificio che è frutto ed espressione dell’amore del Signore per noi.

Sacrificio che è costato al Signore la vita.

 

Siamo consaguinei di Dio perché Gesù ha dato la sua vita per noi.

Siamo consaguinei di Dio perché Gesù continua nell’Eucaristia a trasfondere il suo stesso Sangue.

 

Contemplare la dimensione sacrificale dell’Eucaristia ha tutta una serie di conseguenze che ci portano a considerare il modo con cui noi celebriamo e viviamo il mistero eucaristico.

 

Prima: siamo preservati da un clima celebrativo superficialmente festaiolo. A vedere certe celebrazioni eucaristiche viene da chiederci se ci sia ancora o no percezione del mistero. Si fa una grande festa (ma è poi una festa?) all’interno della quale la consacrazione degli elementi eucaristici finisce per essere uno dei tanti ingredienti per la buona riuscita dell’evento. La dimensione di festa dell’Eucaristia, invece, vive di sobrietà e di moderazione, la gioia cristiana non ha niente di gridato e di emotivamente sensazionale, la gioia e la festa della fede hanno i tratti gentili e garbati.

 

Seconda conseguenza: la comunione eucaristica, come si esprime ancora il catechismo degli adulti, “ha un carattere tutt’altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli”. Un convito sacrificale, un banchetto in cui il cibo è carne donata e la bevanda sangue versato, o è un orrendo pasto cannibalesco, da cui immediatamente distogliamo lo sguardo, oppure è una mensa che ci domanda qualcosa, più precisamente che ci chiede di farci noi stessi sacrificio, mensa da approntare mediante la carità per i fratelli e le sorelle. Il Gesù ‘solo per me’ non esiste né in cielo né in terra. Il Gesù ‘solo per me’ non è il Gesù eucaristico! Colui che si dona invita a imitarlo sulla via del dono e dà se stesso perché ciò si realizzi.

 

Terza conseguenza: l’Eucaristia come sacrificio ci porta ad adorare il mistero del Dio uno e trino come mistero di amore. “Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue” (vedi sopra). Egli lo fa, come ci ricorda l’autore della Lettera agli Ebrei (seconda lettura) “mosso dallo Spirito eterno”. Il Dio uno e trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, che sulla croce ha rivelato se stesso nella sua misericordia, nell’Eucaristia continua a mostrare il suo cuore, che è un cuore amante, e il suo volto, un volto di grazia e di fedeltà; e tutto questo solo per amore.